«Un tempo ero solito a pensar meglio del mondo. Credevo che la sua colpa principale, il suo peccato originario, fossero l’ignoranza barbara e la povertà, a cui la diffusione della civiltà e delle lettere avrebbe posto rimedio. Ma scopro (o così mi figuro) che, se l’egoismo è il vizio delle epoche e delle nazioni incolte, l’invidia è la rovina di quelle più raffinate e intellettuali. La vanità sboccia nella tomba del sordido egoismo. Un tempo gli uomini erano pronti a tagliarsi la gola l’un l’altro per i più volgari mezzi di sussistenza; ora sono pronti a farlo in nome della reputazione[…] prosperiamo soltanto grazie alla sconfitta degli altri, e viviamo sulla carcassa della reputazione fatta a pezzi.»
William Hazlitt, “Il piacere dell’odio”, traduzione di Catherine McGilvray, Fazi Editore, Roma, 2004, pg. 56-55.