Gli scrittori distopici hanno immaginato più volte un’umanità privata della sua libertà dalle macchine – ed è esattamente quello che accade oggi con gli algoritmi che censurano e bannano le persone, privandole della libertà di parola per sempre.
Colgo l’occasione per reiterare il mio profondo disgusto per gli errori dei collaborazionisti del regime delle macchine, i giustificazionisti «perché il regolamento di facebook è chiarissimo» e «sono aziente privateh!»: specchiatevi, guardate quanta poca vita c’è dentro di voi, crescete, anzi nascete.
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